Come fare soldi col cibo. All’estero però

Ha un enorme successo, a Londra, il primo fast-food tutto italiano, mescolando la velocità e la convenienza alla qualità e al gran nome della nostra tradizione. E a tanto, sano, “paraculismo”.
Lasagne, trofie al pesto, hamburger, panini, pizza, zuppa di ceci. Tutto sano, fresco, biologico e senza additivi, ma anche pronto in pochi minuti ed economico. Fa strano pensare che il primo fast-food 100% italiano (in particolare, ligure) sia nato a Londra, ma in realtà

è la cifra del momento che stiamo vivendo, e, pure, dà l’idea di come possa essere per certi versi semplice fare business con l’immaginazione (specie quella che gli stranieri hanno di noi). Ma non solo.
L’ideatore, un romano di 29 anni, ha spiegato che “in Italia, una volta pagate le tasse, si galleggia. Qui invece si guadagna”. Certo, lo sapevamo già, ma giusto per capire fino a che punto: con quello che ha messo da parte finora (ha aperto da meno di un anno) Simone Moroni ha comprato un forno alla madre, rimasta a Lariano, Roma. Simone è il più anziano del gruppo, uno staff di italiani a Londra in cerca di fortuna e dall’età media di 24 anni, dal macellaio sardo al kitchen manager napoletano.

l successo dell’idea è presto detto: ci sono 350 ordinazioni al giorno per “Caterina 55”, e un fatturato in crescita del 10% ogni mese. Che è pazzesco.
Come in ogni fast-food che si rispetti, si ordina al bancone e dopo tre minuti il pasto è servito, da consumare al tavolo o da asporto. Ma non poteva mancare la possibilità di ordinare direttamente dal desk in ufficio aprendo il sito – impeccabile -, e scegliendo online la lasagna al pesto (5.90 sterline) o i calamari fritti (6.50).
L’idea è brillante perché si unisce la voglia di cibo sano (bio, fresco…) dei nostri giorni, all’altrettanto forte voglia di tradizione (Caterina era la nonna e la madre del proprietario, che avevano un chiosco in Liguria con ricette tipiche), e a fissazioni spesso più teoriche che pratiche come il rispetto per l’ambiente (un’attenzione sottolineata spesso sul sito, anche se pare limitarsi al packaging biodegradabile). Certamente, non si disdegnano rivisitazioni purificate di grandi classici del cibo trash, come l’hamburger con la maionese home made e il pollo biologico. Infine, ma non da ultimo, si garantisce la velocità.
Il risultato – casomai interessasse – è un ristorante che ha sempre posizioni di lavoro aperte e che sta già lavorando a nuove aperture in franchising. Ovviamente, non in Italia.